Il principio di legalità formale, evitando l’arbitrio del potere esecutivo e giudiziario, svolge un’insostituibile funzione garantista del cittadino. Ad esso, tuttavia, sono rimproverati due limiti:

  • costituire un ostacolo alla difesa sociale
  • legittimare fratture fra criminalità legale e criminalità reale.

Non consentendo di punire condotte non legislativamente previste come reato, infatti, tale principio avvantaggia coloro che agiscono ai margini della legge o che, sfruttandone le imperfezioni, scivolano impunemente tra le sue maglie.

Il principio di legalità sostanziale, al contrario, può assicurare un difesa sociale più efficace, tuttavia, fondandosi su una nozione materiale di reato, elide la certezza del diritto ed apre le porte all’arbitrio e alle discriminazioni più gravi. Proprio qui sta l’inevitabile vizio di tale principio, che, essendo politicamente strumentalizzabile, ha finito per divenire il mezzo adottato dal più penetrante totalitarismo penale, per poi essere abbandonato col ritorno a sistemi garantisti.

 Mentre il principio di legalità sostanziale comporta un adeguamento praticamente automatico del diritto penale al divenire sociale, per un tale adeguamento il principio di legalità formale richiede continui interventi legislativi, rischiando di portare ad una divaricazione tra il diritto penale e la realtà sociale in rapido mutamento. In particolare, nei periodi di profondi sconvolgimenti sociali, in cui l’evoluzione della realtà è più rapida delle riforme legislative, tale principio entra fatalmente in crisi a favore del contrapposto principio di legalità sostanziale:

  • o nelle forme estreme del rigetto della stressa legalità in nome di un diritto libero .
  • o nelle forme intermedie dell’esplicita proclamazione di una legalità sostanziale analogica.
  • o nelle forme attenuate di certe tendenze anche extralegalitarie, consistenti:
    • nella supplenza giudiziaria, che si concreta nell’attribuzione al giudice di poteri delegati di politica criminale, oppure nell’intervento innovativo diretto, da parte del giudice, per la tutela di interessi emergenti, ma non ancora riconosciuti dal legislatore, attraverso il ricorso all’ interpretazione evolutiva .
    • nell’uso alternativo del diritto, fondato su un’ideologia che assume a fonte del diritto non la norma penale, ma i principi sanciti o postulati dal testo costituzionale, al quale si pretende di dare immediata applicazione giurisprudenziale.

Un diritto penale della libertà, tuttavia, non può rinunciare alla conquista civile del principio del nullum crimen nulla poena sine lege, il quale svolge una funzione insostituibile di garanzia del cittadino: qualunque sfera di libertà, infatti, ampia o ristretta che sia, diventa di difficile esercizio quando la legge non ne determina i confini.

 Dal momento che il principio di legalità formale, più che la giustizia, garantisce la certezza, attraverso di esso si rischia di realizzare un diritto penale del privilegio o, addirittura, dell’oppressione. Occorre quindi recuperare al principio di legalità anche una funzione garantista sostanziale, cosa che attualmente può essere realizzata positivizzando nella legalità formale le istanze personalistiche e solidaristiche espresse dalla nostra Costituzione. Nella visione unitaria della nostra Carta, infatti, il principio del nullum crimen nulla poena sine lege è inscindibilmente connesso alla concezione del diritto penale come strumento di difesa dei valori e di propulsione per la realizzazione delle finalità da essa espressi.

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