L’insieme delle attività dirette ad accertare il significato giuridicamente rilevante delle espressioni usate nel testo contrattuale viene comunemente indicata con il termine di interpretazione.
L’interpretazione è l’operazione che accerta il significato giuridicamente rilevante dell’accordo contrattuale.
Occorre, infatti, subito precisare che l’attività interpretativa non è diretta ad accertare semplicemente l’intenzione che ciascuna delle parti aveva al momento della conclusione del contratto in quanto, come dice il Bianca “L’interpretazione non è volta ad accertare semplicemente la volontà dell’uno e la volontà dell’altro contraente, ma è volta ad accertare quella volontà che si sia tradotta nell’accordo e che abbia, pertanto, acquisito un’espressione socialmente rilevante”.
Infatti, dobbiamo pur sempre ricordare che il contratto è l’atto di autonomia privata mediante il quale le parti dispongono della loro sfera giuridica, in questa prospettiva interpretare il contratto vuol dire accertare il significato di ciò che le parti hanno disposto, ossia accertare il contenuto sostanziale del contratto. Ne discende che l’attività ermeneutica non si riduce in un procedimento puramente conoscitivo della volontà delle parti, ma richiede un apprezzamento del significato sostanziale del contratto.
Il significato del contratto è, dunque, quello che risulta da un apprezzamento obiettivo dell’atto secondo le regole interpretative.
Questo significato obiettivo deve, fondamentalmente, rispondere alla comune intenzione delle parti, ciò in base alla considerazione che il contratto si presenta come un accordo, cioè come reciproco consenso, e pertanto il significato del contratto deve rispondere a ciò che le parti hanno in testo stabilire.
Il compito dell’interprete non è, tuttavia, necessariamente limitato a tale verifica.
Infatti, quando la comune intenzione delle parti non è chiaramente manifestata, l’interprete deve procedere secondo criteri diretti ad accertare il contenuto sostanziale del contratto sulla base di valutazioni normative.
Su questi due momenti della ricerca dell’unico obiettivo significato del contratto è fondata la distinzione tra l’interpretazione cosiddetta Soggettiva e quella cosiddetta Oggettiva.
Tuttavia, alcuni autori contestano la distinzione tra interpretazione soggettiva e interpretazione oggettiva. Per Francesco Gazzoni “Non può dirsi che sussista una interpretazione soggettiva ed una oggettiva del contratto. L’interpretazione è, infatti, sempre e comunque oggettiva sia perché ha come punto di riferimento all’accordo sia perché è condotta con i criteri fissati in norme di legge. E’ però vero che tali criteri sono diversi perché alcuni mirano ad accertare in via diretta e immediata il senso e la portata dell’accordo e quindi l’intenzione delle parti sulla base delle loro dichiarazioni dei loro comportamenti; altri, invece, pur sempre diretti a stabilire il significato e la portata del contratto, prescindono dall’indagine sulla comune intenzione e in mirano a ricostruire il significato dell’operazione economica alla luce di regole esclusivamente normative. Per tali considerazioni è preferibile parlare di criteri soggettivi ed oggettivi di interpretazione”.
La riferibilità delle disposizioni in materia di interpretazione agli atti unilaterali
L’operazione interpretativa ha per oggetto anche i negozi unilaterali dovendo egualmente accertare il significato giuridicamente rilevante dell’atto. Le norme sull’interpretazione di contratto si applicano, in quanto compatibili, anche a negozi unilaterali infatti, la struttura unilaterale non costituisce una ragione di incompatibilità.
Così ad esempio non potrà in alcun caso trovare applicazione della regola di cui all’articolo 1362 codice civile limitatamente alla parte in cui prevede la valutazione del comportamento complessivo posteriore tenuto dalle parti.