L’art. 1376 del c.c. recita:” Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.” Il principio della sufficienza del consenso ai fini del trasferimento della proprietà, significa che ormai, il titulus acquirendi ha assorbito il modus, funge cioè, anche da modus. Le conseguenze di tale assorbimento sono di estrema importanza: una volta che il contratto venga dichiarato nullo o annullato, anche il trasferimento verrà meno, con l’effetto che verranno ad essere travolti anche gli acquisti che i terzi abbiano compiuto medio tempore dall’una delle parti. Ma il principio della sufficienza del mero consenso ai fini del trasferimento non può operare senza limiti, proprio in funzione della sicurezza della circolazione. Ove dunque si tratti del trasferimento di beni mobili, il terzo di buona fede al quale il bene venga consegnato sa di dover essere preferito a colui che, pur avendo acquistato in precedenza, non abbia conseguito il possesso del bene. Ove invece si tratti di beni immobili, soccorre la trascrizione nei registri immobiliari.

Colui che per primo trascrive il proprio acquisto prevale. Il principio della sufficienza del consenso non viene rinnegato ma incontra solo un limite, quanto all’opponibilità verso i terzi che possono trovarsi in conflitto con una delle parti del contratto. Quest’ultima non potrà avvalersi del consenso ricevuto dal dante causa per opporre il proprio acquisto ad un eventuale terzo che abbia invece ottenuto il possesso del bene o effettuato la trascrizione. Ma, a prescindere da questo limite, resta che, in base al semplice consenso, rapporti giuridici possono essere liberamente creati, modificati o estinti. L’unica eccezione la principio dell’efficacia del mero consenso, resta quella costituita dalla categoria dei contratti reali, che si perfezionano con la consegna della cosa (mutuo, deposito, comodato, pegno, riporto). Secondo alcuni la categoria dei contratti reali non troverebbe più alcuna giustificazione, gli stessi effetti del mutuo ad es. potrebbero essere raggiunti con una promessa di mutuo, il che significa che la consegna della somma costituirebbe un atto dovuto. Anche la giurisprudenza finisce col riconoscere che quasi tutti i contratti reali potrebbero essere doppiati da corrispondenti contratti consensuali. Ma una tale ricostruzione non convince a pieno. Con essa si da per scontato che i medesimi effetti potrebbero essere conseguiti anche attraverso un contratto consensuale. Ma i tipici effetti del contratto reale non potrebbero essere concepiti se non in funzione dell’avvenuta consegna della cosa o del denaro. Libere le parti di accordarsi per dare e ricevere a titolo di deposito, di mutuo, di comodato, di pegno, ma tale accordo potrà sortire gli effetti di un semplice rapporto obbligatorio in dando, del quale potrebbe sempre discutersi il carattere vincolante, ove le parti non abbiano convenuto un qualche corrispettivo per la prestazione promessa. A questo riguardo, una buona parte di vero ha quella dottrina secondo cui nei contratti reali la consegna della cosa avrebbe anche la funzione di rendere impegnative sul piano giuridico obbligazioni o doveri che tali sarebbero sul solo piano della cortesia o del costume.

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