Nel definire le persone giuridiche, inizialmente, si è pensato che la soggettività delle persone giuridiche fosse il risultato di una finzione, in virtù della quale enti vengono resi uguali agli uomini sotto il profilo della capacità giuridica. In contrapposto, si è poi sostenuta l’intrinseca realtà soggettiva delle persone giuridiche, nel senso che esse esistono già come organismi unitari sociali, dei quali lo Stato si limita a prendere atto. Da diverso punto di vista si è affermato che le persone giuridiche costituiscono unità soggettive vere e proprie ma non dell’ordine fisico o sociale, perché la loro consistenza sociale non ha rilevanza ai fini della definizione giuridica che invece si fonda sulla loro essenza reale. In questa diversa concezione le persone giuridiche sono soggetti allo stesso modo degli uomini. In questo quadro soggetti erano sempre e solo le persone giuridiche, mentre la sistemazione teorica degli enti non riconosciuti veniva ricercata mediante il riferimento a complicate ipotesi di spettanza comune dei diritti e degli obblighi. Simili ricostruzioni implicano tuttavia vistosi strappi al nostro modo di intendere la comproprietà e la comunione dei diritti. Dette vicende provocano infatti conseguenze incompatibili con la prospettiva della comproprietà, specie se si pensa alla necessaria estinzione del diritto del defunto, dell’escluso e del receduto che è stata esplicitamente sancita dall’art. 37 del codice.