L’accettazione con beneficio d’inventario si fa mediante dichiarazione (art. 484) che deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale e inserita nel registro delle successioni. Tale accettazione con beneficio d’inventario ha notevoli effetti (art. 490), in quanto, tenendo distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, permette a questo, ad esempio, di non essere tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, oltre al valore dei beni a lui pervenuti.
Trascorso un mese dalla trascrizione dell’inventario l’erede paga i creditori e i legatari a misura che si presentano, tuttavia, una volta esaurito l’asse ereditario, l’erede non paga più, nemmeno con i proprio beni, essendo il suo patrimonio diviso da quello del defunto. In tal caso i creditori insoddisfatti potranno rivalersi sui legatari.
Se i creditori o i legatari si oppongono, tuttavia, e solo se l’erede lo sceglie, si può provvedere anche con un procedimento diverso, detto procedura di liquidazione (art. 499) che assicura la parità di trattamento a creditori e legatari: si compila la graduatoria dei creditori che, di norma, sono preferiti ai legatari. Non oltre un mese dopo la scadenza per presentare la dichiarazione di credito, l’erede può rilasciare i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari (art. 507).
Decade dal beneficio d’inventario (artt. 494 – 505) l’erede che:
- non compie lo stato di graduazione.
- esegue pagamenti prima che la procedura sia finita.
- omette beni.
- denuncia in mala fede la consistenza dell’attivo o del passivo.
Risulta necessario distinguere due ipotesi:
- se il chiamato è nel possesso dei beni (art. 485) deve fare l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione. Se tale termine trascorre invano il chiamato diviene un erede puro e semplice. Compiuto l’inventario, il chiamato ha un termine di quaranta giorni per deliberare se accetta o rinunzia all’eredità. Se non lo fa decade dal beneficio.
- se il chiamato non è nel possesso dei beni (art. 487) può fare la dichiarazione finché il diritto di accettare non si prescrive, ovvero entro dieci anni.