L’impossibilità sopravvenuta
Un’altra delle causa di risoluzione del contratto è l’impossibilità sopravvenuta. Se una prestazione non si può eseguire, infatti, l’altra parte non può essere costretta ad eseguire la propria o, se l’ha già eseguita, a veder perduto qualsiasi vantaggio (art. 1463). Tale rapporto di corrispettività si salva anche qualora l’impossibilità sia solo parziale, in questo caso però l’altra parte può decidere di recedere dal contratto (art. 1464).
Il principio secondo cui il perimento della cosa per causa non imputabile al debitore lo libera dall’obbligazione non è valida per contratti che costituiscono o trasferiscono un diritto reale; in questi casi, al contrario, il debitore è tenuto a eseguire la controprestazione anche se la cosa non gli è ancora stata consegnata (art. 1465 1° c.). Qualora l’oggetto del trasferimento sia però definito solo nel genere, l’acquirente non è liberato se l’alienante ha fatto la consegna o se la cosa è stata individuata (art. 1465 2° c.).
Anche la risoluzione per impossibilità sopravvenuta vale la regola del contratto plurilaterale espressa all’art. 1420 (art. 1466).
L’eccessiva onerosità sopravvenuta
Nei contratti a prestazione continuata o periodica (non aleatori), se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per una parte questa può chiedere la rivoluzione. Gli eventi che causano questa eccessiva onerosità devono però essere straordinari, imprevedibili e anomali, ovvero tali da stravolgere l’equilibrio originario del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di riequilibrare le condizioni del contratto (art. 1467).
Nei contratti nei quali l’obbligazione è assunta da una sola parte questa può, allo stesso modo, chiedere una riduzione ad equità (art. 1468).